giovedì 29 agosto 2013

Oltre il ritmo le parole: War in progress

Come nasce

War in progress nasce in maniera improvvisa e non prevista. Un po' di beat erano in standby in attesa della giusta ispirazione. Il nervosismo e la tensione accumulata nel contesto scolastico spingono Leo ad accendere il pc e a cliccare play su quel beat, prodotto da Keep Runnin, che sembrava fatto apposta per quel momento e, armato solo di un foglio e una penna, lascia scorrere i suoi pensieri e la sua rabbia, che prendono forma e corpo nelle parole e nel flow di War in progress.

Il titolo

La guerra in corso non ha un nome e non ha un volto, non ha armi e non ha campi di battaglia. É la lotta contro se stessi, lo scontro tra sentimenti e pensieri contrastanti, la battaglia che spinge a fronteggiare situazioni e persone che appaiono ostili e vogliono spegnere la speranza e, con questa, la vita. La guerra é tutta dentro e bisogna combatterla e affrontarla fino alla fine. È una sfida con se stessi e con la realtà che ci circonda, una sfida che spinge a non arrendersi, a non cedere il passo, a non lasciarsi schiacciare da pensieri, persone e parole che vorrebbero solo farci diventare perdenti della vita e della musica.

Le parole

La traccia parte con forza e grinta e Leo rivendica il suo essere "pazzo", termine gancio che richiama la canzone Sono pazzo. Si presenta non come un tranquillo e adagiato rapper che scrive per accontentare la moda, ma come uno che straccia fogli e scarica penne per raggiungere un unico obiettivo: esprimere la propria forza e combattere la guerra in corso. Non ci sono nemici chiari e visibili, ma una convinzione forte: non ci si può arrendere, é necessario partire subito all'attacco. É un attacco da sferrare con forza, é un assalto che Leo va preparando giá con Non ci sto, é un assalto nel campo musicale che, però, é solo l'altra faccia del campo della vita.

War in progress é contro la rassegnazione, la piattezza, l'omologazione, lo scoraggiamento che taglia le ali di un deltaplano che vola alto per scrutare l'universo. La guerra é strettamente e paradossalmente legata ad un atteggiamento schivo e di rifugio. La musica diventa rifugio timido per affrontare con se stessi la sfida della vita, sfogo che permette di liberare la libertà necessaria a sopravvivere. E ci sembra di immaginare Leo che, nel chiuso del luogo in cui scrive, lontano da tutti, partecipa attivamente alla guerra armato della sua penna. E se certe veritá possono essere scomode e dare fastidio, proprio per questo é necessario continuare a dirle e a gridarle, al punto da diventare un incubo per chi non vuole comprendere.

Forte ed espressiva l'immagine del livido lasciato sul cuore: non é un colpo mortale, ma un colpo sferrato per lasciare il segno, per non far dimenticare, per rimarcare una presenza che è forte per chi la sa cogliere nella sua interiorità, é una ferita che sveglia e ricorda... Non è guerra di strada o di quartiere, ma la guerra più nascosta e più forte dell'incontro e dello scontro tra attesa e frustrazione, tra speranza e delusione, tra entusiasmo e apatia, tra voglia di affrontare e spinta a cedere, tra coerenza e omologazione.

Leo non ci sta a far parte della conta dei perdenti, di coloro che hanno rinunciato ai propri sogni e a se stessi per rincorrere consensi e fama, di coloro che sono pronti a darla vinta a coloro che non hanno già cuore e mente per sognare e progettare. I malesseri bollenti sono l'inchiostro che dá colore alle pagine di un rapper ed é a questi malesseri che Leo vuole dare ascolto e voce. Non possono essere taciuti o nascosti: c'é il rischio di un inferno per chi in questa vita non sa pentirsi e vivere con coraggio la pena. E le fiamme bruciano proprio come i tradimenti. E non si sa se siano solo quelle infernali o quelle nelle quali si é avvolti quando si é compiuto il tradimento di sé e degli altri. Artefice di una parola che si propone di essere sincera proprio mentre appare contraddittoria, perché la contraddizione é tipica di ogni guerra e, ancor più, di quella che si svolge nel proprio intimo, Leo può offrire, a chi lo ascolta, solo spine senza petali di rosa.

La vita ha sempre con sé una pena da scontare e anche quando muori la guerra non é finita. É la pena della paura da affrontare, della guerra da ingaggiare, della sfida da intraprendere. Ma se la battaglia é persa, la fiamma estinta tu rialzati da terra, riprendi forza perché la guerra continua e perdere dipende solo da te, perché solo tu puoi darla vinta a qualcun altro. Perde solo chi lo vuole. Nessuno può vincerci se non quando scegliamo di offrire ad altri la vittoria su di noi.

Il coraggio può vincere le sfide, anche quelle impossibili che sembrano costringere con le spalle al muro, anche la sfida suprema, la morte stessa, é vista qui come una semplice tappa della guerra, da affrontare senza paura. Puntare all'universo, senza accontentarsi di un piccolo cortile, apre all'incontro e permette di essere capo di se stesso, responsabile fino alla fine, con l'audacia di chi non ha paura o, meglio, di chi affronta con coraggio la guerra contro ogni paura.

Rimangono gli spettri nella testa, i versi tetri che spaventano i timorosi, i denti stretti, le ferite e le cicatrici sulle dita, quelle dita ferite, forse, dalle stesse parole che hanno scritto, ma la penna resta ora nella mano per appuntare quello che mi passa sopra, deltaplano, non per fare il volo di Pindaro, che certo affascina, ma fa restare schiantati, ma per vedere l'alto e dall'alto e poter poi andare lontano, camminare verso la metà, con fatica e grinta, con difficoltà e vigore. Non serve volare, non si può volare: non ne siamo capaci! Basta voler andare lontano, continuare un cammino e rialzarsi ad ogni sconfitta con grinta sempre più vera. La chiusura racchiude cosí tutto il testo richiamando la grinta e la forza dell'inizio in una frase che rimarca e ricorda il carattere crudo e franco dei Sardi.

Il video

Il live

Il testo

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